di Salvo La Delfa
Il Tempio di Giove Olimpico visitabile gratuitamente con i giovani archeologi dell’Università di Catania. Il prossimo venerdì e sabato ultimi giorni di apertura
Continuano le visite al Tempio di Giove Olimpico, noto ai siracusani come il “Tempio delle due colonne”. Grazie alla pulizia del sito effettuata qualche mese fa dai volontari del CAI e dalla cooperativa “Insieme” e grazie, soprattutto, all’accordo di collaborazione tra il Polo Archeologico di Siracusa, retto da Calogero Rizzuto, il Dipartimento di Studi Umanistici e la Scuola di Specializzazione in Archeologia, entrambi dell’Università di Catania, è stato possibile tutti i venerdì e i sabato dalle 17.00 alle 19.00 visitare il Tempio di Giove Olimpico con “guide” di eccezione come sono i giovani archeologi dell’Università etnea. Cosi, il siracusano Paolo Scalora o la catanese Claudia Portaro, solo per citarne alcuni, hanno illustrato ai visitatori le peculiarità dell’area a cui l’archeologo Paolo Orsi, all’inizio del secolo, diede nuovamente luce.
Ancora oggi, considerata la posizione del sito e nonostante le recenti costruzioni e la vegetazione, è possibile dal “Tempio delle due colonne” avere una vista completa del Porto grande, delle Saline, di Ortigia e del Plemmirio.
La mappa dell’Olympeion, disegnata direttamente da uno dei ritrattisti dell’archeologo di Rovereto ma siracusano di adozione, che la specializzanda Claudia Portaro mostra ai tanti (siracusani e non) che in queste settimane hanno raggiunto l’area, riporta una cella con pronao e adyton e una peristasi con duplice ordine di sei colonne sulla fronte (purtroppo ne rimangono oggi solo due), confermando la grandiosità e l'importanza del Tempio, gestito allora dalla casta sacerdotale. Qui erano custoditi i tesori religiosi e le liste censitarie dei cittadini e presso il Tempio, come spiegano gli specializzandi dell’Università di Catania, si accamparono successivamente Ateniesi, Cartaginesi e infine Romani nelle loro guerre di conquista contro Siracusa. Nelle vicinanze del Tempio di Giove sorgeva anche un piccolo abitato il cui nome era Polichne.
Gli archeologi i mostrano, inoltre, i ritratti di due viaggiatori dell’ottocento (Jean Houel e Henry Tresham) nei quali è possibile evidenziare come il sito sia stato saccheggiato e i conci e il materiale lapideo delle colonne e dei capitelli utilizzati per la costruzione di abitazioni, compromettendo definitivamente la possibilità di una sua ricostruzione con il materiale originale. “Materiale lapideo del Tempio”, ci racconta Claudia Portaro, “sono stati reimpiegati per la costruzione di muri a secco, abitazioni e casolari dei dintorni”.
Un sito archeologico rinato e consegnato alla collettività grazie a questa iniziativa che vede i giovani archeologi svolgere gratuitamente, all’interno di un progetto didattico, un ruolo importante per la lettura e la comprensione dell’area e del Tempio.
Venerdì e sabato della prossima settimana saranno gli ultimi giorni per poter visitare questo splendido sito in attesa di una definitiva apertura giornaliera al pubblico e ai turisti.