di Salvo La Delfa

Incontro con Roselina Salemi, giornalista e autrice del libro “In nome di Marina”. “Marina di Melilli è una tragedia simbolica di tutte le ingiustizie che possono accadere nel mondo”

 

E’ la memoria il tema principale dell’incontro organizzato da diverse associazioni (Stop Veleni, Movimento Aretuseo e Legambiente) con Roselina Salemi, giornalista e autrice del libro “In nome di Marina”, in un luogo in cui sono visibili ormai solo le rovine di ciò che rimane del paese di Marina di Melilli.

La scrittrice  si siede di fronte al murales dedicato a Salvatore Gurreri, circondata da un cerchio di uomini e donne desiderosi di sentirla parlare, di incrociare gli  occhi di una donna che si è fatta strada con il sudore e la fatica, che ha trovato  nella certezza di essere nel giusto la tenacia e la determinazione per  non fermarsi, desiderosi di comprendere quale sia stata la forza che l’ha spinta a non  accontentarsi mai della superficialità, a non fermarsi  mai all’apparenza e a indagare,  leggendo  tra le righe, per approfondire e conoscere sempre di più.

Ad ascoltarla ci sono in tanti, c’è Giusi Nanè, Cinzia Di Modica, padre Palmiro Prisutto, Marco Gambuzza, Emilia Ferrara, che da anni si battono e denunciano le conseguenze dell’inquinamento del quadrilatero industriale, irriducibili sostenitori di una migliore qualità ambientale, di una bonifica del luogo.

L’incontro si svolge al  tramonto di una calda e afosa serata di agosto, in un giorno in cui è impossibile stare al sole ancora alto e si cerca l’ombra dei ruderi di ciò che una volta erano abitazioni,  in una  atmosfera surreale, fatta di polvere, di piante secche, di fantasmi di case abbandonate,  di spettrali camini industriali e di una aria putrida, marcia, inquinata che durante la serata diventa sempre più  irrespirabile, nemmeno le mascherine indossate per il virus riescono a  filtrare e bonificare.  

E’ la memoria il tema della serata. “Chi combatte lascia una traccia”, esordisce Roselina Salemi, con un accento nordico e una conoscenza dei fatti, delle vicende umane e delle persone siciliane da cui ha tratto materiale e ispirazione. “Oggi purtroppo si passa da una tragedia ad un’altra. Lo scopo di chi combatte è di lasciare una traccia, di lasciare memoria di ciò che è stato e ciò in cui si crede”.

Concorda padre Palmiro Prisutto: “Se non c’è il ricordo del passato non comprendiamo il presente. Grazie al libro di Roselina, “In nome di Marina” questa storia non può essere dimenticata, è obiettivo di tutti tenere viva la memoria di questo luogo, un paese raso a zero per fare posto all’Isab, un centro abitato sacrificato alle industrie”.

“Sono ritornata più volte in questo luogo e ogni volta ho trovato qualcosa riconoscendo sempre meno i posti dove ero stata”, continua la scrittrice.  “Ho incontrato Salvatore Gurreri e ora qui, nel luogo dove l’ho conosciuto, ne trovo una gigantografia, un murales. A Gurreri vedere questo murales che lo ritrae piacerebbe perché lui era vanitoso ma era, soprattutto, certo che bastasse la volontà e la convinzione di essere nel giusto per cambiare le cose.  Aveva l’idea e il coraggio di combattere le battaglie e gli altri accettarono la sua idea, accettarono di essere gregari di uno che puntava i piedi perché in lui vedevano questo coraggio e questa convinzione. Le sette famiglie rimaste attesero che le loro case venissero valutate ad un prezzo più alto ma lui continuò a combattere perché era convinto ed aveva la speranza che il paese potesse rinascere veramente”.

Prosegue la giornalista che ha lavorato con diverse testate nazionali come “Il corriere della sera”, “La Repubblica”, il “Sole 24 ore”: “La casa di Gurreri era povera, ricordo le piante sui davanzali, le foto sul comò, aveva anche un fucile. Ora è come se possedessi una macchina del tempo e mi ritornano queste e tante altre immagini. Sarebbe bello poterle estrarre e trasformare queste immagini, questi ricordi, in un filmato per metterli online. Ma non è possibile. Ciò che si può fare, e lo faccio, è quello di scriverle”.

Marina di Melilli è una tragedia simbolica di tutte le ingiustizie che possono accadere nel mondo. “Durante l’insediamento dell’Isab, tutti avevano preso soldi e tangenti, il sistema del denaro è pervasivo, si replica ed è terribile”.

La scrittrice, nel silenzio dei presenti interrotto a tratti solamente dal rumoroso traffico della statale vicina, propone anche un possibile utilizzo di quello che fu il paese per cui Salvatore Gurreri perse la vita. “Quello che è accaduto qui è stata una deumanizzazione, un considerare l’uomo solo uno strumento. Ritengo che solo l’arte può combattere la deumanizzazione perché essa è l’unica che può lasciare un segno, una traccia, per questo luogo, per chi riconosce questa storia importante. Quindi mi piace l’idea di un museo degli errori e degli orrori in questo luogo, un museo che dia dignità ad un luogo in cui la dignità è stata tolta, che testimoni la violenza che è stata fatta. Qui è stata tolta la bellezza: prima dell’insediamento delle industrie era un posto bellissimo con le dune e un mare splendido come testimoniano le foto del 1963”.

A chi invece gli chiede perché è andata via, risponde: “Me ne sono andata dalla Sicilia arrabbiata, ce l’avevo con tutti, ho sbattuto la porta e me ne sono andata. Mi avevano offerto un lavoro qui, ma non ho accettato. Non mi sono assoggettata al potere e me ne sono andata facendo delle scelte. Ma da subito e per sempre andandomene, ho sentito un debito per questa isola. Oggi non è più importante dove si vive e dove si sta ma è importante quello che si fa e la capacità di fare rete, di condividere idee e progetti. Spesso crediamo di non potercela fare, ma qualcosa ognuno di noi può farla e quello che ho potuto fare io è stato scrivere”.

Si è fatta sera ormai, si continua a parlare al buio, si ha la sensazione , anche se solo per un attimo, che la vita si incarni nuovamente in questo  territorio,  in questo  paese che ora non c’è più, che Palomino Stellario apra la sua casa a Rosaspina Centamore, che Lina, piccola ma perfetta, con gli occhi azzurri e i capelli corti rida mentre l’Uomo Qualunque, mentre Salvatore Gurreri, la guarda convinto di “cambiare il destino della gente, credendo nella giustizia, nella rabbia e nella curiosità”.

“Scriverò di una storia per consegnare, non so a chi, pochi frammenti di verità su quel che è accaduto in un angolo di mondo che amavo ed è stato sacrificato al dio del presente”, dice Salvatore Gurreri nell’introduzione de “Il nome di Marina”.

“Ho mantenuto la mia promessa”, dice emozionata Roselina Salemi, guardando il murales di Gurreri alla fine dell’incontro.